Nell’estate del 2015 la Stazione Sperimentale per l’Industria delle Conserve Alimentari (SSICA) ha realizzato un’indagine per conto di ANCIT per rilevare i contenuti di mercurio totale (oltre che di selenio) presenti nelle conserve di tonno prodotte e/o commercializzate sul territorio italiano.
L’indagine ha riguardato le produzioni di 15 Aziende associate, che rappresentano il 90% delle conserve di tonno presenti sul mercato nazionale, e ha preso in esame le confezioni di tonno in scatola da 80 grammi in olio di oliva (il formato di gran lunga più consumato nel nostro Paese) delle specie Thunnus albacares (Pinna Gialla) e Katsuwonus pelamis (Tonnetto Striato).
I risultati dell’indagine sfatano un falso mito tuttora legato al tonno confezionato, relativo alla presenza di mercurio nelle scatolette: in 34 dei 36 campioni esaminati il valore di mercurio registrato è risultato inferiore a 0,5 milligrammi per chilo, negli altri 2 si è posto tra 0,5 e 0,7 milligrammi. Tutti, comunque, ben al di sotto del limite massimo, pari a 1 milligrammo per chilo sul peso fresco del muscolo di pesce, fissato dal Regolamento (CE) 1881/2006, che definisce i limiti massimi di alcuni contaminanti nei prodotti alimentari e dalla normativa italiana (Decreto 9 dicembre del Ministero della Sanità “Metodi di analisi, piani di campionamento e livelli da rispettare per il mercurio nei prodotti della pesca” (GU Serie Generale n.21 del 27-01-1994).
“I valori di mercurio riscontrati da questa ricerca commenta il Prof Luca Piretta, gastroenterologo e nutrizionista dell’Università Campus Biomedico di Roma – devono rassicurare il consumatore spesso condizionato da informazioni fuorvianti, e ci consentono con tranquillità di mantenere il consumo del tonno in scatola due volte alla settimana nell’ambito di una dieta sana ed equilibrata. Inoltre, parliamo di un alimento soggetto a controlli frequenti, puntuali ed estesi lungo tutta la filiera – dalla cattura alla selezione accurata delle materie prime, fino alla commercializzazione – tali da garantire livelli di salubrità e sicurezza massimi per il prodotto lavorato, proprio a partire da eventuali livelli di mercurio presenti”.
Per quanto riguarda la presenza di selenio, l’indagine SSICA ha inoltre confermato valori di tutto rispetto: superiori ai 50 microgrammi (con alcuni campioni che contenevano più di 100 microgrammi per 100 grammi di alimento), perfino al di sopra dei valori raccomandati dai LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana).
Tale conferma risulta importante alla luce dei recenti studi scientifici, che richiamano l’attenzione sui benefici effetti legati al consumo di pesce ad elevato contenuto di selenio, anche in riferimento alle capacità di mitigare la tossicità del mercurio eventualmente presente.