Estate, tempo di sole e di tintarella. Ogni anno, immancabilmente, alla vigilia delle ferie tutti gli organi d’informazione affrontano il tema mettendo in evidenza le virtù non solo estetiche (per i fan dell’abbronzatura) ma anche salutistiche di una corretta esposizione al sole. Dove per “corretta” – si è letto a metà giugno su uno dei più diffusi settimanali femminili italiani – si intende “viso, braccia e gambe per 15-20 minuti almeno tre volte a settimana”.
Stabilito che, fino a nuovo ordine, il sole non fa più male ma anzi “è quasi un farmaco”, il principale beneficio dei suoi raggi ultravioletti sta nel consentire al nostro organismo di sintetizzare la vitamina D, l’unica la cui assimilazione avviene all’80% grazie alla luce per sintesi attraverso la pelle e non, come accade per tutte le altre vitamine, consumando alimenti.
E la vitamina D ha un gran numero di importanti virtù: “Il suo ruolo principale – afferma il Prof Luca Piretta, gastroenterologo e nutrizionista dell’Università Campus Biomedico di Roma – è quello di mantenere un’adeguata mineralizzazione dello scheletro (e quindi prevenire l’osteoporosi) attraverso il controllo delle concentrazioni sieriche del calcio e del fosforo. Ma le vere novità che sono sorte dalla ricerca scientifica degli ultimi anni riguarda il ruolo sorprendente di questa vitamina nel garantire una corretta funzione del sistema immunitario. Questa rivelazione ha permesso di capire perché nell’era pre-antibiotici i pazienti tubercolotici venivano posti al sole per lunghi periodi. I loro miglioramenti e guarigioni erano sorprendenti anche se non se comprendeva il motivo. Ma non solo, conclude Piretta, oggi sappiamo che la vitamina D consente un corretto dialogo chimico tra muscolo e osso e svolge, inoltre, una importante azione protettiva sull’apparato cardiocircolatorio, che si va a sommare all’azione degli omega 3 se assunta attraverso le sardine.
Purtroppo, malgrado viviamo nel “Paese del sole”, l’esposizione da sola non basta: si calcola che l’80 per cento della popolazione italiana – soprattutto bambini e adolescenti – manchi di vitamina D, con ricadute negative per l’organismo. Forse consapevole di ciò, il citato servizio giornalistico ospita un box intitolato: “Sì a tonno e sardine”. Premesso che “dalla tavola si ricava in media un 20 per cento della vitamina D necessaria”, si specifica che questa “si trova in un numero limitato di alimenti” e, “in quantità cospicue, è nel salmone, nello sgombro, nelle aringhe, nelle sardine in scatola e nel tonno conservato”.
Cospicue al punto che, secondo i nutrizionisti, i prodotti ittici rappresentano oggi il 38% dell’apporto totale di questo nutriente. Prodotti che, proprio nella stagione estiva, toccano il picco di consumi nell’anno. Conclusione? Prendiamo il sole, con le dovute cautele, e consumiamo più prodotti ittici. D’estate ma anche, se non soprattutto, nel resto dell’anno.